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Oggi il trattamento dell’epatite C nei consumatori di sostanze è una priorità in termini di sanità pubblica. Da un lato, i PWID (persone che consumano sostanze per via iniettiva) rappresentano il maggior serbatoio di malattia e la fonte di principale fonte di infezione da HCV in Italia come nel mondo occidentale. E su questa popolazione, così come quella carceraria con la quale esiste forte permeabilità, si devono concentrare gli interventi finalizzati al controllo e all’eliminazione di HCV.
D’altro lato, l’Italia si è dimostrata all’avanguardia nel rispondere all’obiettivo temporale fissato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) l’eliminazione di HCV nel mondo tanto che, secondo stime, sarà in grado di raggiungerlo prima del 2030. Tuttavia, occorre un approccio coordinato di medicina pubblica se l’obiettivo è di estendere i benefici di una cura, garantita nella quasi totalità dei pazienti trattati, dall’individuo alla comunità.
Occorre individuare e trattare le persone appartenenti a gruppi difficili come PWID, carcerati e persone senza fissa dimora, superando le barriere ancora esistenti e potenziando l’azione delle reti cliniche che, semplificando le fasi di screening, referral, trattamento, e follow-up, consentano di ottimizzare il percorso di cura.
Servono modelli operativi di presa in carico per facilitare screening e trattamento, e l’emersione del sommerso sul territorio nonché luoghi, come Ser.D e carceri, in cui realizzare percorsi strutturati di cura, basati su evidenze scientifiche e su best practice condivise.

ECM
N. crediti formativi: 6
ID ECM evento: 150-305672

Ref. Marina Lunghi
e-mail: marina.lunghi@effetti.it

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