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Nonostante i ritardi nella rimborsabilità dei farmaci, l’Italia si è distinta per i risultati prodotti nella real life, sovrapponibili e in alcuni casi superiori a quelli osservati negli studi clinici. La negoziazione centralizzata del prezzo dei DAA ha infatti permesso di impiegare le terapie in modo ragionato, per periodi di tempo più lunghi e senza le restrizioni dettate dai costi dei farmaci come in altri paesi. 

L’Italia si è avviata su un percorso di ottimizzazione del trattamento per l’infezione C che oggi trae vantaggi dall’universalizzazione dell’accesso terapeutico e dal perfezionamento di un armamentario ormai risolutivo con l’arricchimento delle combinazioni di DAA pangenotipiche.

Superata la fase di prioritizzazione dei trattamenti nei pazienti con malattia più avanzata, necessaria per fronte al costo dei farmaci e l’elevata richiesta di terapia, l’Italia ha adottato l’approccio universalistico di accesso terapeutico con importanti ricadute sui pazienti in termini di benefici clinici, sulla salute pubblica e sulla riduzione dei costi sanitari diretti e indiretti per il Servizio sanitario nazionale (SSN). L’estensione del trattamento con DAA a tutti gli individui infetti indipendentemente dallo stadio di fibrosi epatica si è dimostrato, infatti, cost-effective.

La disponibilità di terapie efficaci, ben tollerate e pangenotipiche insieme alla previsione di trattare un numero sempre più crescente di pazienti meno complessi con malattia epatica lieve dovrebbero permettere di raggiungere il target dell’eliminazione di HCV auspicato dall’OMS.

Secondo un recente comunicato dell’Istituto superiore di sanità, l’Italia è sulla buona strada: si prevede che entro il 2022 raggiungerà la diminuzione del 65% delle morti correlate all’infezione, con 8 anni di anticipo sull’obiettivo dell’OMS. Se ciò si realizzerà sarà grazie all’impegno dei centri specialistici che sono riusciti ad avviare al trattamento anti-HCV 142.025 pazienti secondo i dati di fine giugno 2018 riportati dai Registri di monitoraggio AIFA, quando, invece, a marzo 2017 erano infatti stati trattati poco più di 71.000 pazienti, di cui il 45% con cirrosi, il 23% con fibrosi F3 e il 26% con fibrosi F1-F2. Per raggiungere questi risultati, i centri accreditati si sono organizzati a livello locale, territoriale e regionale.  

Il progetto AdHoc (Advancing Hepatitis C for the Optimization of Cure) Educate to Eradicate è nato per rispondere al bisogno di informazione, razionalizzazione e implementazione della gestione dei pazienti con infezione da HCV nella pratica clinica di fronte alle importanti opportunità e sfide generate dalla accessibilità alle rivoluzionarie terapie anti-HCV. 

Ref. Lara Strippoli
e-mail: lara.strippoli@effetti.it

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